Biblioteca

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La biblioteca Coronini Cronberg, costituita da circa 22.000 volumi si venne costituendo solo a partire dal secondo dopoguerra, assorbendo molti degli sforzi e delle risorse economiche di Guglielmo Coronini, intenzionato a ricostituire la “bella, antica” biblioteca di famiglia andata distrutta durante la seconda guerra mondiale. I suoi acquisti, presso prestigiose librerie antiquarie di Roma, Firenze Venezia, Milano, Bologna e Trieste, ma anche di Vienna, Salisburgo, Graz e Klagenfurt, si concentrarono principalmente sulle opere dell’avo Rodolfo Coronini, su libri finalizzati alle ricerche sulla storia medievale goriziana, ma anche sull’editoria del Settecento, con una particolare attenzione per le edizioni originali delle opere di Giacomo Casanova. Oltre a incunaboli e cinquecentine, tra cui il Dioscoride di Andrea Mattioli del 1557, e volumi del Sei e del Settecento, la biblioteca annovera una consistente quantità di materiale moderno, che documenta i molteplici interessi di Guglielmo Coronini nei campi più svariati, dalla storia locale, alle materie giuridiche e scientifiche, alla storia dell’arte. Subito dopo la morte del conte la biblioteca fu depositata presso l’Archivio di Stato di Gorizia, dove è ancora collocata e consultabile.

Dal 2021, grazie a due contributi della Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia (L. reg. 11 agosto 2014, n. 16) è iniziato il lavoro di immissione nel Sistema Bibliotecario Nazionale dei volumi della biblioteca, a cominciare dalle opere antiche più pregiate, incunaboli, cinquecentine e seicentine, per un totale di 3026 esemplari.

Per la ricerca si può consultare il sito: BiblioEst

Il manoscritto di Luca Pacioli sul gioco degli scacchi

L’opera più preziosa appartenente alla Biblioteca Coronini Cronberg è senza dubbio il manoscritto sul gioco degli scacchi pervenuto probabilmente attraverso un acquisto di libri effettuato prima del 1950 dal conte Guglielmo Coronini presso una libreria di Venezia, che era stata di proprietà del poeta e bibliofilo friulano Giuseppe Malattia della Vallata. Solo recentemente, tuttavia, nel piccolo volume finemente rilegato in pelle, è stato riconosciuto l’autografo del grande matematico rinascimentale Luca Pacioli (1445c.-1517c.), intitolato De ludo schaccorum, detto Schifanoia. Lo scritto, che nelle intenzioni dell’autore avrebbe dovuto essere dedicato alla marchesa di Mantova Isabella d’Este e a suo marito Federico Gonzaga, fu redatto intorno all’anno 1500 e, pur essendo noto attraverso testimonianze documentarie dello stesso Pacioli, era da secoli considerato perduto. L’argomento trattato, la filigrana di fine Quattrocento, la preziosità della copertina, il confronto con altre lettere autografe, rendono l’identificazione pienamente convincente. L’attribuzione a Pacioli, infatti, trova conferma sia nelle caratteristiche grafiche del codice, sottoposto all’esame del noto paleografo Attilio Bartoli Langeli, sia nella lingua del manoscritto che, a giudizio di Enzo Mattesini, docente di Linguistica italiana all’Università di Perugia ed esperto conoscitore del volgare utilizzato in altre opere da Pacioli, non presenterebbe caratteristiche che non possano essere ritenute quelle dell’illustre personaggio.Matematico tra i più insigni del suo tempo, Luca Pacioli nacque a Borgo San Sepolcro (Arezzo) intorno al 1445 e morì (forse a Venezia) nel 1517. Studiò teologia ed entrò nell’Ordine francescano nel 1470.